BOLOGNA: UNO STATUTO DI NOMINATI...

Bologna -

UNIBO: UNO STATUTO DI NOMINATI PER UN'UNIVERSITA' AI TEMPI DI MARCHIONNE E DI BRUNETTA.

La commissione statuto doveva essere di nomina elettiva, nelle dichiarazioni e nelle intenzioni. Ne fu subito costituita una "provvisoria", non elettiva, per dare subito avvio a lavori preparatori in attesa di nominarne una su base elettiva. Così non fu.

Quella "commissione statuto provvisoria" di "nominati" fu solo integrata da altri componenti, anch'essi nominati dall’alto, e proseguì i lavori, sulla base della considerazione che ormai non si poteva disperdere l'attività di quei soggetti - benché non eletti dalla comunità universitaria.

E ora ci si lamenta dell'abbraccio a logiche gerarchiche e aziendalistiche, più e "meglio" di quanto vuole la legge Gelmini.

Un'università che getta alle ortiche autonomia, libertà di ricerca e di pensiero. Ormai in preda a logiche, miti e interessi aziendalistici.

Una domanda: quanto e come rendere compatibili l'autonomia delle università (inclusa ovviamente quella dei propri organi), le libertà di ricerca e insegnamento con queste scelte, in cui le università stanno precipitando? Se una risposta si può già dare - non può essere altro che quella di ridurre quei principi a vantaggio di logiche di tipo allocativo e privatistico.

Vedremo già dal prossimo anno che l'abbraccio di queste logiche, unito agli opportunismi di casta (baronale) andrà a scapito proprio di chi, nei proclami riferiti agli obiettivi della legge Gelmini e del nuovo statuto dell'Università di Bologna, si dice di voler tutelare: gli studenti.

Vedremo per esempio l'introduzione di nuovi numeri chiusi, in facoltà che non l'hanno mai conosciuto, semplicemente per tutelare il posto, le cariche e il numero dei docenti: laddove s'impone la costituzione di insegnamenti, dipartimenti e scuole sulla base di un criterio numerico strettissimo (e dispotico) nel rapporto docenti/studenti.

E cosa si fa se il numero dei docenti è di troppo inferiore a quello previsto per gli studenti? Le declamazioni di principio dei "riformatori" indurrebbero a ritenere che in quella scuola, in quel dipartimento il "numeratore docenti" dovrebbe essere l'elemento "variabile".

Ma nell'università gerarchizzata, in una comunità universitaria rappresentata in tutti i suoi luoghi di decisione da nominati e cooptati, saranno gli interessi "forti" a prevalere. E oggi, certo, nei luoghi decisionali, non sono forti gli studenti o i lavoratori.

Per tornare al rapporto docenti/studenti, la variabile non sarà certo costituita dall'elemento forte, i docenti (e, dietro loro, il rettore e i “futuri” capi dipartimento), ma dal denominatore: gli studenti.

Riassumendo: pochi professori e troppi studenti? Riduciamo gli studenti, la variante "debole". E per far questo la democrazia è un ostacolo.

Ovvio che questo non succederebbe se i decisori determinassero un numero ridotto di dipartimenti e scuole.

Ma, per salvare cadreghe e conferire posizioni di vertice (capi di dipartimento, di scuole e altro) hanno già deciso di determinare nel numero più alto possibile quei dipartimenti e quelle scuole (e in fondo, nei modi e per l’interesse dei loro baroni, boicottano sì la legge Gelmini. Peggiorando ancor più il tutto).


Quindi, anche le dichiarazioni parzialmente rassicuranti che i cooptati dei "forti" si sono affrettati a porgere e i giornali a divulgare, in merito alla (per ora) non riduzione dell'offerta dei corsi agli studenti, devono essere lette non come una rassicurazione ma come una (prima) minaccia: no, non ridurremo i corsi. Ma ridurranno gli studenti... (test d’ingresso in ogni dove).

Gli effetti negativi di queste logiche purtroppo saranno ben evidenti quando avranno già prodotto i loro danni su tutta la comunità dell'università: studenti, personale tecnico amministrativo e anche gli stessi docenti e ricercatori. E non solo quella, di comunità, sarà colpita. E' facile che questo produrrà un drastico ridimensionamento degli studenti a Bologna. E una città come Bologna, privata degli studenti, perderà uno dei suoi connotati più vitali.

Se a questo minestrone indigeribile (un mix di verticismo, dispotismo e aziendalismo) aggiungiamo la crisi in atto che spolpa risorse, lavoro e speranze (a molti ma non a tutti), ne consegue che il futuro è cupo e opachi sono stati sin dall'inizio, per tornare ai poteri forti dell'università, le dichiarazioni e i comportamenti del Rettore e dei componenti la commissione statuto.

Benvenuti nella "newco modello Marchionne/Brunetta" dell'Alma Mater!

Facile prevedere che gli studenti, il personale tecnico amministrativo dell'università saranno i primi ad essere colpiti da queste logiche: riduzione dell'offerta da una parte, trasferimenti e sovraccarico di lavoro dall'altra (in ragione della progressiva e veloce riduzione del personale per i blocchi alle assunzioni).

Ci attendiamo mobilità forzate del personale ed esternalizzazioni dell'offerta dei servizi dell'Alma Mater, mascherate da una sussidiarietà ambigua. Il tutto condito da un mito dell'informatica che impoverirà la qualità dei servizi offerti. E anche questo, purtroppo, sarà evidente quando gli effetti si manifesteranno sull'intera città di Bologna.

Un’ultima postilla per quanto riguarda i componenti di nomina sindacale di quella <<provvisoria>> commissione statuto.

Anche loro erano provvisori e <<nominati>>. Alcuni hanno pure lamentato che i componenti della commissione (loro compresi) non erano eletti, quindi non espressione di una volontà democratica e che le loro proposte non sono state recepite. Oggi, a cose fatte, se ne lamentano.

Ecco, una domanda anche per loro: se sapevate, perché non l’avete denunciato allora e non vi siete dimessi? Perché?


Usb invita gli studenti, i lavoratori e tutte le forze democratiche della città e della comunità universitaria a respingere questo attacco e a smascherare le logiche dispotiche e verticistiche, di cui questo statuto rappresenta solo il primo passo.