MANHATTAN-ITALIA (e non solo)

Perché USB Università di Trieste chiede a tutto il personale universitario e agli studenti di partecipare allo sciopero generale nazionale del 13 dicembre 2024, con manifestazione a Milano.

Trieste -

Sulle pagine de “Il Fatto Quotidiano” del 07/12/24 leggiamo la testimonianza di una donna alla quale la società multinazionale di assicurazione sanitaria United HealthCare (372 miliardi di dollari di ricavi dichiarati nel 2023) ha negato l’operazione con soli due giorni di preavviso. “Sono rimasta negli uffici finanziari dell’ospedale, in lacrime…”. C’è chi su Tik Tok, spiega di “pagare 23 mila dollari di premio assicurativo, solo per vedermi poi negare il rimborso quando avevo bisogno di un esame” e chi si ammala rischia di finire letteralmente in mezzo a una strada coperto di debiti.

L'Italia, già con la cosiddetta aziendalizzazione delle allora Unità socio sanitarie locali avviata nella prima metà degli anni ’90, ha da tempo imboccato la scelta di privatizzare gradualmente la sanità, alla faccia dei tanti discorsi roboanti e pomposi sulla Costituzione più bella del mondo… Parecchi contratti collettivi nazionali di lavoro già da tempo assecondano e promuovono questo percorso suicida introducendo polizze sanitarie integrative. Si tratta di un’operazione anche culturale, che lavora sull’accettazione del fatto compiuto.

Per questo l’omicidio di Manhattan ci parla e dovremmo ascoltare quello che ha da dirci su noi stessi, su quanto siamo caduti in basso e su quello che dovremmo fare per invertire la rotta, per evitare quella che Robert Pape, professore di scienze politiche e direttore della Security Project della Università di Chicago, chiama “violenza civile” che si allarga alla sanità, alle assicurazioni e a chissà cos’altro. 

E che dire della strisciante privatizzazione della previdenza che fu pubblica?

È un fatto (e non è interpretabile) che gli accordi siglati da alcuni importanti sindacati per promuovere i fondi pensione negoziali fra i lavoratori hanno lo scopo di sostituire il diritto ad una pensione pubblica dignitosa con la speranza di una rendita vitalizia finanziata dal taglio immediato del salario mensile (il contributo obbligatorio di almeno l’1% al fondo pensione) e la perdita di tutto il proprio TFR – Trattamento di fine rapporto (salario differito) maturando.

L’introduzione del silenzio-assenso quale modalità di adesione inconsapevole ai fondi pensione istituiti da alcuni sindacati, la sua ripetizione negli anni, sono tutte leve giuridiche per imporre l’adesione ai fondi. Anche qui il messaggio è chiaro: scordatevi una vecchiaia serena ed abituatevi a vivere nelle difficoltà economiche e nella precarietà, lo Stato, il pubblico non potrà salvarvi, solo il privato potrà farlo… purché abbiate i soldi per pagarvi l’assistenza delle S.p.A…

 Attualmente il salario medio di un lavoratore a tempo indeterminato è di circa 1.550,00 euro, una operaria e un operaio medio al netto percepisce 1.350,00 euro, un commesso e una commessa di magazzino 1.100,00 euro, una operatrice e un operatore socio-sanitario 1.000,00 euro. Per non parlare di una\un dipendente di una cooperativa sociale…

I rapporti dell’OSCE e di altri enti internazionali hanno certificato quello che già era evidente per lavoratori e famiglie: i salari in Italia sono sostanzialmente fermi da decenni e sono fra i più bassi d’Europa. Siamo l’unico paese in Europa in cui, negli ultimi trenta anni, i salari sono diminuiti!

Molti lavoratrici e lavoratori – pur lavorando – non riescono ad emanciparsi dalla povertà a causa di salari vergognosi, contratti di lavoro capestro, rapporti di lavoro a tempo parziale imposti dal datore di lavoro, orari infiniti e non retribuiti…

Non c’è un CCNL che quantifichi aumenti veri, adeguati al costo reale della vita (nel caso del personale universitario contrattualizzato TA, l’aumento è inferiore al 4% a fronte di una inflazione stimata superiore al 10% e attorno al 13% sui generi alimentari).

Ecco allora che la parola magica oggi imperante è: “tagliare il cuneo fiscale e previdenziale!”, vale a dire finanziare decontribuzioni e bonus fiscali direttamente in busta paga che, da un lato, sono recuperati a bilancio dello Stato da corrispondenti tagli ai servizi pubblici (una vera partita di giro). Dall’altro, per l'irrisorietà delle cifre che arrivano ai dipendenti, sono ben lontani da aumenti salariali veri.

Insomma, tutto vuoto a perdere.

Non bastasse, l’introduzione della aliquota fissa (cosiddetta “flat tax”) al 15% per il lavoro autonomo, fino ad 85.000 euro di fatturato, chiarisce ulteriormente la natura anche di questa manovra, tutta a carico dei lavoratori dipendenti e dei pensionati che continueranno a vedere i propri stipendi e le proprie pensioni tassate ben oltre il 15% (orientativamente tra il 27% e il 38%) pur percependo un reddito sensibilmente inferiore.

Insomma, chi più ha meno paga!

Nel 1993 l’accordo da alcuni sottoscritto sulla cosiddetta “politica dei redditi” ha, nei fatti, ridotto la percentuale di reddito nazionale (cioè di ricchezza prodotta in Italia) da distribuire ai lavoratori e lavoratrici sotto forma di salari mentre ha consentito l’aumento di quella ricchezza nazionale distribuita alle imprese sotto forma di profitto.

A tale iniqua e ingiustificabile distribuzione ha fatto seguito, contemporaneamente, la perdita di potere “politico” del mondo del lavoro nel suo complesso rispetto al mondo delle imprese.

Non stanno meglio le strutture educative pubbliche: numero dei posti disponibili inferiore alle necessità delle famiglie, mancato investimento in qualità educativa e quantità del servizio erogato conseguenza della mancata assunzione di personale dedicato.

Vergognosa è pure la guerra al povero che oggi si manifesta anche con l’abrogazione del reddito di cittadinanza mentre è ancora ampio il fronte di quanti non vogliono introdurre nel nostro Paese (unico in Europa) una legge sul salario minimo legale per tutte e tutti.

Care/i tutte e tutti, potremmo scrivere o parlare per ore nel tentativo di argomentare le ragioni che hanno spinto l’Unione Sindacale di Base a proclamare un’intera giornata di SCIOPERO GENERALE NAZIONALE per l’intera giornata di venerdì 13 dicembre ’24.

Le motivazioni anche di questo sciopero generale nazionale sono talmente tante che, comunque, ne dimenticheremmo sempre qualcuna.
Seguite le notizie sullo sciopero sul sito internet del sindacato USB!

USB Pubblico Impiego dell’Università di Trieste     
 

Coordinatore di ateneo: Ferdinando ZEBOCHIN      
Per contatti ed adesioni: usb@amm.units.it