Chi ha paura del conflitto sociale e dello sciopero?

Università di Trieste: CGIL - UIL e SNALS ConfSal chiedono urgente applicazione Accordo nazionale su (ulteriore) limitazione diritto sciopero.

Trieste -

Sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica del 12/01/2021, n. 8 è stato pubblicato l’<Accordo nazionale> contenente ulteriori, significative, limitazioni al diritto di sciopero, sottoscritto il 2 dicembre 2020 fra ARAN – l’Agenzia del Governo che si occupa della contrattazione collettiva nelle pubbliche amministrazioni – e i sindacati CGIL – CISL – UIL – SNALS ConfSal, GILDA Unams e ANIEF.
La Gazzetta riporta anche la correlata delibera di idoneità emessa dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. 

Il 27 gennaio – su iniziativa promossa dalla CGIL – i sindacati CGIL, UIL e SNALS ConfSal hanno formalmente chiesto all’università di Trieste l’urgente recepimento dell’Accordo nazionale sopra ricordato. 
Venerdì 5 febbraio 2021, in occasione dell’incontro chiesto ed ottenuto dai sindacati sopra ricordati, USB consegnava al protocollo di ateneo la propria argomentata, motivata e documentata nota nella quale espone le ragioni del NO (protocollo di ateneo num. 17417 del 05/02/2021). 

In allegato la nota USB e la "Controrelazione sul diritto di sciopero in Italia" di Carlo Guglielmi, di Forum Diritto Lavoro  – a seguire – il link della Gazzetta Ufficiale dal quale leggere il testo dell’Accordo nazionale in argomento e una breve relazione sul diritto di sciopero: https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2021-01-12&atto.codiceRedazionale=20A07403&elenco30giorni=false 

Alcuni diranno,    Noi diremo

Alcuni diranno che lo sciopero è un’arma oramai spuntata in un mondo sempre più “on line”.

Noi diremo che dietro l’apparente mondo idillìaco narrato dagli Amazon e dagli Alibaba di ogni parte del mondo ci sono persone in carne ed ossa: c’è la concreta “catena” dei tanti, piccoli, fornitori schiacciati dalla soverchiante forza monopolistica delle multinazionali e c’è la concreta “catena” della logistica composta da tanti lavoratori sfruttati in funzione della velocità sempre più folle del commercio on line. C’è ancora bisogno dello sciopero, di più sciopero.

Alcuni diranno che lo sciopero è roba da anni ’70 del secolo scorso quando c’era la piena occupazione e scioperare poteva aver senso, ma oggi…

Noi diremo che cambiano le forme dello sfruttamento ma lo sfruttamento rimane, tanto nel 1970 quanto nel 2021. Ancora oggi una parte importante dell’agricoltura italiana è fondata sullo sfruttamento schiavistico o semi schiavistico di migliaia di lavoratori, per non parlare dei subappalti e sub-sub-appalti di tante industrie di ogni parte del Paese. I lavoratori di oggi e i disoccupati di ogni età di oggi possono unirsi, anche attraverso lo sciopero, per denunciare lo sfruttamento che li colpisce entrambi, il divide et impera che impedisce loro di intravedere un obiettivo che li può accumunare, a cominciare dalla riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario, verso un mondo migliore, più giusto, per tutte e tutti. Anche per questo c’è e ci sarà bisogno di sciopero, di più sciopero.

Alcuni diranno che lo sciopero è roba da garantiti, i soliti dipendenti pubblici o i dipendenti di grandi imprese private.

Noi diremo che quando un medico, un infermiere, un tecnico di laboratorio di un ospedale pubblico o di un ente pubblico di ricerca sciopera lo fa anche per denunciare all’opinione pubblica un tradimento: la mancata applicazione del diritto alla salute previsto dalla Costituzione. Se si fosse dato ascolto a quanti, anche con lo sciopero, da tempo argomentavano la scarsità delle risorse – umane, materiali e tecnologiche - dedicate alla sanità pubblica forse non ci saremmo trovati nelle difficili condizioni di oggi. Quando un dipendente di una struttura educativa pubblica sciopera lo fa anche per evidenziare la mancanza di personale dedicato alla cura e all’educazione dei bambini, alla mancanza di spazi integralmente pubblici in cui tutti possano affidare i propri figli, in sicurezza e serenità. Quando un dipendente di una grande impresa sciopera lo fa anche per far emergere la mancanza di sicurezza sul lavoro oppure le vie dello sfruttamento tramite gli appalti. Danno voce anche a chi non ha voce o questa è troppo debole per essere sentita. Oggi c’è ancor più bisogno di questa condivisione. C’è ancora bisogno di sciopero.

Alcuni diranno che il conflitto sociale è oramai consegnato alla storia del secolo passato. Roba da storici e sociologi dei movimenti politici e sindacali. E poi a cosa serve oggi?

Noi diremo che senza conflitto sociale non avremmo avuto lo Statuto dei diritti dei lavoratori con la Legge 29.05.1970, n. 300 (e la sua assenza o difficoltà ha portato ai tanti interventi di demolizione di quello Statuto), non avremmo avuto la legge 13.05.1978, n. 180 “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, non avremmo avuto la legge 22.05.1978, n. 194 che ha depenalizzato e disciplinato le modalità di accesso all'aborto in favore di tutte le donne, non avremmo conosciuto la Legge 15 dicembre 1972, n. 772 sull’obiezione di coscienza al servizio militare di leva, non avremmo sperimentato la Legge 1º dicembre 1970, n. 898 “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” e così via.

Noi diremo che alcuni si sono “illusi che la società potesse vivere senza la fatica e le pene del conflitto, che la coesione sociale e la democrazia potessero essere il frutto della pacifica convivenza fra egoismi. La democrazia desertificata che abbiamo di fronte ci dice che non è così. Il conflitto sociale è la linfa della democrazia e anche il costo che dobbiamo pagare perché essa viva”.

C’è, oggi più che mai, bisogno di condivisione fra lavoratori, di conflitto sociale e di sciopero che del conflitto è componente importante (non unica).

A questo punto, una domanda la faremo noi:

Chi ha paura del conflitto sociale e dello sciopero?

Coordinatore USB Pubblico Impiego – Università degli studi di Trieste
Ferdinando ZEBOCHIN

usb@amm.units.it