COVID: Nelle tragedie l’ennesima dimostrazione del fallimento di un modello di sindacalismo. Dare forza al sindacalismo di base per il rilancio del Settore Pubblico.
La maggioranza RSU non è mai stata così forte, dopo il passaggio di alcuni ex sindacalisti di base al sindacalismo concertativo: CGIL, CISL, UIL, GILDA e SNALS, le sigle sindacali che inviano comunicati unitari per il comparto, insieme assommano circa i cinque sesti dell’intera RSU. Si può dire che oggi abbiamo la RSU più unita da tempo immemorabile, come invocava la maggior parte dei nostri colleghi.
Eppure, dall’inizio dell’emergenza, alle numerose riunioni telematiche non hanno mai partecipato i massimi esponenti della parte pubblica: Rettore, Direttore Generale e, considerato il tema, medico competente e Dirigente ai fini della sicurezza.
Hanno partecipato delegati che, a vario titolo, hanno asserito di non essere responsabili delle decisioni del Rettore comunicate ai giornali senza preventiva negoziazione con la parte sindacale (vedi questione apertura biblioteche, per quanto riguarda i prestiti); che prima hanno detto che da noi la fase due non sarebbe partita fino al 31 luglio e poi che è partita dal 4 maggio; che non hanno fornito dati precisi sulle sanificazioni dei locali, sulle strutture dove si sono registrati casi di positività; che hanno ignorato le richieste della RSU del DVR, che non è certo la panacea ma un dovere sì. E si potrebbe andare avanti a lungo. Certo, si dirà: su questioni che all’Amministrazione interessano poco o nulla, tipo la costituzione del fondo per la produttività e, entro certi limiti, la sua distribuzione, qualche attenzione c’è stata. Per il resto, considerazione zero.
Avrebbe potuto fare qualcosa di diverso la RSU e più in generale il sindacalismo di Ateneo? Servono a qualcosa denunce per mancato rispetto delle regole a organismi considerati terzi?
Le risposte stanno in tutto quello che sta succedendo a livello nazionale: medici e infermieri mandati allo sbaraglio e alla morte per mancanza di idonei dispositivi di sicurezza e di piani seri di isolamento delle persone potenzialmente infette, protezione civile che fa esportare per esigenze di sicurezza nazionale i dispositivi che sarebbero serviti qui, milioni di mascherine non certificate comprate da amici e mafie talora in barba alla normativa sugli appalti (come invocato da una parte del Paese), talora mettendo a nudo i difetti della normativa sugli appalti e in particolare di Consip. Probabili leggi a sanatoria di tutti i misfatti avvenuti e che avverranno.
La risposta pertanto è no e il problema sta altrove. Sta nell’idea portata avanti a partire dagli anni ’80 che la concertazione, ossia l’idea che datore di lavoro o, nel nostro caso, parte pubblica perseguano i medesimi interessi dei lavoratori.
La data non è casuale: era il momento in cui il sindacalismo di base stava ottenendo grossi consensi tra i lavoratori e, attraverso scioperi generali e altre azioni di forte conflittualità stava mettendo in crisi il sistema, ampliando diritti e ottenendo notevoli risultati per i lavoratori.
La risposta del sistema non si fece attendere: data la perdita di credibilità dei tre principali sindacati confederali tra i lavoratori stessi, per arginare il fenomeno del sindacalismo di base nacquero i sindacati autonomi, ad esempio nella scuola, dove i Cobas spopolavano, nacque Gilda. E passarono, con la compiacenza degli stessi sindacati, le prime leggi anti-sciopero.
Le tragedie in atto, quella sanitaria e quelle sociali ed economiche ci danno, brutto a dirsi, qualche opportunità: almeno a parole anche da parte di organismi internazionali c’è un grande richiamo all’importanza del rilancio del servizio pubblico, a iniziare dalla Sanità. Nessuno ignora la forza che il sistema di potere saprà opporre: anzi in Liguria, una delle Regioni che peggio ha reagito al Covid (ad esempio è una delle Regioni dove si sono eseguiti meno tamponi nonostante l’elevatissimo numero di vittime) vi è la proposta di privatizzare due ospedali del ponente ligure e affidare la costruzione e gestione di un nuovo ospedale in località Erzelli a Genova a un soggetto privato. Progetto sintetizzato dal Presidente Toti con la parola d’ordine “il 15% della sanità ligure ai privati”, obbiettivo che rappresenta una grave novità in un panorama ospedaliero regionale ad oggi ancora quasi totalmente pubblico.
A quali forze, allora, possiamo affidarci? Forse a chi da anni è in tutti i consigli di amministrazione delle partecipate e ha abolito dal proprio vocabolario il termine sciopero generale? O a chi furbescamente si dichiara apolitico e, portando avanti piccole istanze locali e settoriali, di fatto si oppone allo sviluppo di un vero movimento conflittuale? No di certo.
Noi, ci siamo.
USB UNIGE