DECRETO LANZILLOTTA: UN BASTIMENTO CARICO DI ... PRIVATIZZAZIONI !

Roma -

Il profilo “riformistico e modernizzatore” del governo Prodi disvela appieno la sua fisionomia con il DDL 772 ‘Delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali’ ad opera della Ministra Lanzillotta che, recuperando l’intera visione politica ed economica del precedente governo di centro-sinistra, ripone nei processi di privatizzazione/liberalizzazione la chiave di volta dello sviluppo economico del paese.

Nel mirino i servizi pubblici locali, le grandi aziende pubbliche come energia, trasporti, acqua, rifiuti, ambiente, ecc, molti dei quali beni essenziali, da sempre considerati monopoli naturali e quindi intangibili a fini di profitto privato.

Il cuore del disegno di legge è infatti rappresentato dal sostanziale divieto per gli Enti Locali, escluse rare, circostanziate e transitorie eccezioni, di optare per la gestione diretta con società a capitale pubblico o miste, la gestione in house, dei servizi locali.

L’intera gamma dei servizi pubblici locali, indipendentemente dalla volontà politica di amministratori e cittadini, dovrà essere assegnata attraverso gare d’appalto, consegnando al mercato e alle sue regole servizi cardine per la qualità della vita di qualsiasi comunità.

Il disegno di legge in questione è un inno al mercato, individuato come unico regolatore della società, una corsa alla mercificazione totale di beni e servizi essenziali, che può portare solo al risultato di far guadagnare immensi profitti ai privati, sottratti alla collettività, e di negarli a chi non può permettersi di pagarli.

Eppure le esperienze passate dovrebbero insegnare qualcosa!

Le privatizzazioni attuate negli scorsi anni hanno dimostrato chiaramente chi ha guadagnato e chi ha perduto: tra i primi i famosi “capitani coraggiosi”, Colaninno, Tronchetti Provera, gli Agnelli, gli immobiliaristi, ecc, che sborsando volumi irrisori di capitali, attraverso giochi di scatole cinesi, sono arrivati a controllare la proprietà di grandi aziende pubbliche, molto spesso a prezzi inferiori a quelli di mercato, da cui hanno ricavato immensi profitti usati per operazioni finanziarie, il più delle volte ad alto rischio e poco trasparenti.

Questa gigantesca operazione di dismissione e di privatizzazione, in ossequio ai dettami di Maastricht e dell’Unione Europea, è servita per ridurre il debito pubblico del nostro paese: nel Fondo di ammortamento dei Titoli di Stato, dal 1994 al 1999 sono entrati quasi 58 miliardi di Euro, pari a 111.870 miliardi di vecchie lire. Solo negli anni 96/2001, governi Prodi/D’Alema, l’incasso totale derivato dalle privatizzazioni di aziende di proprietà del Tesoro, dell’IRI e dell’ENI, ammonta a più di 82 miliardi di euro! Cosa che permise ai leader del Centro Sinistra di affermare con orgoglio il primato europeo (sic!) dell’Italia nel campo delle privatizzazioni!

Un sollievo certo per le casse dello Stato, che non ha provveduto però a redistribuire ai cittadini quanto incassato.

Chi ci ha rimesso infatti sono stati gli utenti, che hanno visto peggiorare di molto la qualità dei servizi ed aumentare le tariffe, e i lavoratori di quelle aziende che hanno subito mobilità, licenziamenti, disoccupazione e precarietà, riduzione dei diritti; chi ci ha rimesso è stata la democrazia, con il brutale annullamento di potere e di spazi decisionali pubblici.

Nonostante ciò, nonostante in questi anni movimenti e lotte abbiano indicato con chiarezza quale sia la volontà popolare il Governo Prodi, riparte ora alla carica con questa nuova ondata di privatizzazioni e liberalizzazioni.

 

In concreto il provvedimento prevede:

 

  • Il principio della concorrenza tra soggetti privati per l’assegnazione della gestione dei servizi pubblici locali, attraverso procedure competitive ad evidenza pubblica (gare d’appalto);

  • L’intervento compensativo degli Enti Locali interessati qualora il carattere universale dei servizi erogati impedisse il conseguimento dell’utile d’impresa; sarebbe a dire che l’Ente Pubblico dovrebbe garantire i profitti (immaginiamo tramite l’aumento dell’imposizione fiscale locale) al gestore privato ogniqualvolta questi non riuscisse a procurarseli dalla gestione del servizio!

  • L’affidamento dei servizi a società a capitale pubblico e/o misto pubblico-privato è previsto solo temporaneamente purché si pongano le condizioni, in un tempo definito, per il loro superamento attraverso gare d’appalto. E’ previsto l’obbligo che tale transitoria possibilità venga esercitata previa analisi di mercato soggetta alla verifica delle autorità nazionali di regolazione dei pubblici servizi. Il termine massimo per l’avvio delle procedure competitive ad evidenza pubblica è comunque fissato al 31 dicembre 2011;

  • Rispetto delle condizioni contrattuali, sistema tariffario, qualità vengono demandate ad organismi terzi, le autorità di settore.

Secondo Lanzillotta la presenza pubblica nella gestione dei servizi è di per sé distorsiva del funzionamento del mercato e il ruolo di garanzia degli Enti locali attiene esclusivamente al controllo formale delle norme di affidamento. Fasce sociali deboli, tariffazioni agevolate, livelli occupazionali degli addetti, qualità dei contratti e quant’altro permane del residuo sistema del welfare, debbono rientrare nei vincoli delle compatibilità del mercato.

L’impatto sulle popolazioni di questo provvedimento in termini di costi, fruibilità e qualità generale dei servizi, apre scenari inquietanti rispetto ai quali è urgente mobilitarsi per la difesa del carattere sociale dei servizi pubblici locali.

Scenari ancora peggiori si prospettano rispetto alle ripercussioni sui lavoratori costretti a fare i conti con condizioni normative e salariali inevitabilmente peggiori per soddisfare la necessità delle imprese appaltatrici di essere competitive, con spezzatini e frantumazioni delle attuali aziende pubbliche locali, con precarietà, mobilità, licenziamenti magari preceduti da cessioni di rami d’azienda.

Dobbiamo impedirlo, dobbiamo contrastare l’idea che il mercato sia l’unico regolatore dei rapporti sociali prima che le politiche liberiste consegnino ai privati e ai poteri forti finanziari i servizi essenziali.

Mobilitiamoci contro questo nuovo scippo dei beni comuni, per porre veramente, e non a parole, un freno all’ennesimo regalo a Confindustria, reclamando spazi di partecipazione popolare, restituendo sovranità e poteri decisionali alle istituzioni locali, contro un disegno di legge autoritario, che imbavaglia qualsiasi possibilità di scelte alternative.