I passi del gambero  (Le Nuove-Vecchie Linee guida sull’Orario di lavoro)  

Trieste -

L’Ateneo ha predisposto la seconda versione della “bozza Linee guida sull’orario di lavoro” dedicata al (solo) personale TA che per trasparenza, correttezza e onestà intellettuale vi mandiamo in allegato, unitamente alle osservazioni di questo sindacato.

Non dovete pensarla come USB: leggete autonomamente i documenti dell’Ateneo e fatevi una vostra idea. Un personale consapevole è un importante presidio a difesa di tutti.

In estrema sintesi:

il testo risente della convinzione che il (solo) personale TA abbia una naturale tendenza ad ingannare l’Ateneo, vale a dire a far credere una cosa per un’altra, approfittando della buona fede del datore di lavoro pubblico.

Ne è prova quanto previsto dall’art. 6 (“Chiusura cartellini”), comma 2:  
“L’omissione di timbrature, pur se dovuta nella generalità dei casi a dimenticanza o trascuratezza, assume specifica rilevanza sul piano della valutazione comportamentale ed è fonte di responsabilità disciplinare ai sensi dell’art. 23 del CCNL”.

L’uso del sostantivo plurale “timbrature” significa – testualmente – che dalla seconda omissione in poi ogni timbratura omessa (fosse anche per sbaglio\svista\dimenticanza e in buona fede) diventa potenzialmente censurabile tanto disciplinarmente, quanto a fini economici (valutazione comportamentale).

Detta formulazione è addirittura peggiorativa rispetto alla precedente nella quale era almeno specificato che l’omissione doveva essere “ricorrente”.

Ulteriore esempio:     
L’art. 2 (“Orario di lavoro, flessibilità, pause”) comma 5, nella nuova versione prevede, come da formale richiesta USB, la possibilità di mantenere e chiedere anche per il futuro l’orario continuato di 7 ore e 12 minuti al giorno, dal lunedì al venerdì.

Purtroppo, l’Ateneo accompagna questa possibilità da prudenze e precauzioni eccessive e fuori luogo.  Infatti, nel testo si legge che al dipendente non basterà motivare la propria domanda; dovrà, in più, comprovarla, vale a dire produrre prove, documentazioni, ulteriori argomenti, atti e così via a supporto della richiesta. Non si considera adeguatamente che l’orario continuato determina una significativa perdita salariale per il lavoratore e la sua famiglia: 
euro 3,25 per ogni giornata di rientro pomeridiano (indennità di rientro);             
euro 10,00 per ogni giornata di rientro pomeridiano (indennità sost. buono pasto).

Complessivamente, ogni dipendente che opta per un orario continuato segna una perdita di almeno 106,00 euro lordi mensili, nei fatti un importo vicino a quanto riconosciuto come aumento contrattuale da alcuni CCNL – Contratti collettivi nazionali di lavoro.

Un dipendente TA non rinuncia a un importo importante – considerata la propria classe sociale di riferimento - se non è costretto da esigenze personali o\e familiari.

A questo punto USB deve sgombrare il campo da una narrazione che inizia a diffondersi:     
l’Ateneo sarebbe venuto incontro al personale perché ha deciso di prevedere la flessibilità in uscita oppure perché ha migliorato la previsione sulle pause a favore dei “videoterminalisti”.

Per il sindacato USB non c’è alcun avvicinamento alle giuste aspettative del personale TA.

Infatti:
la fascia oraria di flessibilità in uscita era ed è contrattualmente prevista. L’Ateneo ne ha semplicemente preso atto. 
Lo stesso dicasi per le pause a favore di quanti usano il PC: già previste da una legge dello Stato.

Nessuna concessione, nessuna apertura bensì esercizio di un diritto. Un altro mondo…

Continuano a permanere le criticità già rilevate nella precedente nota di questa componente sindacale.

Fra queste, vale la pena ricordarne alcune (per il resto, basterà rileggere anche la nota motivata di USB allegata al precedente comunicato):

“tutte le assenze vanno preventivamente concordate con il proprio responsabile…” (art. 4, comma 10). Non è così: alcune non vanno preventivamente concordate ma semplicemente comunicate al responsabile che ne prenderà atto (ad esempio: assenze per ragioni di salute).

Nulla di nuovo per quanto riguarda i cambi rientri: USB motivatamente chiede maggiore flessibilità e più ragionevolezza, l’Ateneo risponde confermando che il dipendente potrà fare solo un cambio rientro nell’arco di un mese!

Manca ancora la necessaria ed opportuna chiarezza su quale o quali sono le articolazioni dell’orario di lavoro previste per il personale EP (è tutto un arzigogolo che dice e non dice).

Non è stata in alcun modo considerata l’argomentata proposta USB di valutare nell’ambito del periodo massimo di malattia retribuita le visite mediche, terapie, accertamenti diagnostici eccedenti il tetto delle 18 ore pagate durante l’anno, quanto meno per quelle svolte in strutture sanitarie pubbliche direttamente afferenti al SSN.

Almeno che uno non sia convinto che ad ammalarsi siano sempre gli altri, tutti noi sappiamo che 18 ore retribuite all’anno per curarsi sono niente (giovane o anziano che uno sia).

Dare un’interpretazione costituzionalmente orientata si può. Basta la volontà di farlo.

Alla fine, dopo aver letto e riletto il documento dell’Ateneo rimangono da comprendere le ragioni che spingono una gestione, ormai prossima alla sua conclusione, a decisioni inutilmente rigide, di poca lungimiranza e controproducenti. O, forse, più semplicemente, si preferisce colpire tutti anziché isolare i singoli protagonisti di comportamenti gravemente scorretti…

Rimanete con noi.

Alla prossima.

USB PI – Università di Trieste