Università di Trieste: la valutazione strumento di repressione salariale
“Valutazione della performance individuale” del Sistema di misurazione e valutazione della performance di Ateneo per l’anno 2019”.
Il più recente documento predisposto dall’attuale governo di ateneo a poche settimane dalla sua uscita di scena (speriamo definitiva) è un ulteriore colpo basso inferto al personale onesto e corretto. La scusa, oramai abusata, è sempre quella del merito\demerito di noi dipendenti pubblici, per definizione fannulloni e buoni a niente.
Ancora una volta il merito\demerito e la valutazione sono strumento di repressione salariale.
USB interviene sull’argomento, anche in funzione di una politica di riduzione del danno, da un lato, per denunciare l’incostituzionalità di ogni provvedimento che sottrae dignità e libertà alla vita di lavoratrici e lavoratori, dall’altro.
Ne è nato un documento congiunto condiviso da USB con i responsabili di ateneo Cisl e Uil (protocollo di ateneo del 03/05/2019, num. 55017).
In sintesi:
“Qualora ne ricorrano le circostanze, in caso sussistano risorse economiche accessorie da distribuire a tale titolo, al punteggio complessivo riportato da ciascun dipendente potrà essere correlata l’attribuzione di incentivi premiali”.
Con queste parole l’ateneo si riserva la facoltà di valutare tutto il personale senza un correlato riconoscimento economico. Eppure, ancora oggi c’è chi canta inni in favore del merito e della valutazione!
In secondo luogo, l’attuale dirigenza si riserva laute prebende auto-assegnadosi l’obiettivo del raggiungimento di utili di gestione crescenti.
La giureconsulta de noaltri dimentica che una pubblica amministrazione non può e non deve “produrre” utile, bensì agire in pareggio di bilancio (Vedi gli articoli 81, 97 e 117 della Costituzione).
Da sempre favorevole al superamento del principio del pareggio di bilancio e favorevole al ricorso all’indebitamento per garantire la massima occupazione, USB considera gravissimo che l’Università di Trieste abbia posto il raggiungimento di crescenti utili di bilancio quale obiettivo della gestione invece di reinvestire ogni risorsa disponibile in favore della didattica e della ricerca scientifica di base.
In terzo luogo, l’università di Trieste pone l’operato della dirigenza al di sopra di ogni valutazione da parte dei lavoratori.
Da questo punto di vista USB ritiene fondamentale introdurre il benessere organizzativo fra gli elementi da valutare, obbligatoriamente, in sede di analisi della qualità dell’azione dirigenziale, anche ai fini dell’eventuale rinnovo oppure mancato rinnovo dell’incarico dirigenziale.
In terzo luogo, USB chiede che ogni valutazione deve essere accompagnata da adeguata motivazione. Non possono bastare gli indici numerici, è necessario prevedere una articolata motivazione scritta.
Inoltre, ciascuno deve conoscere in congruo anticipo gli obiettivi assegnati.
Da ultimo e non per ultimo, l’Università di Trieste si esercita nella funzione di gendarme:
“… una significativa differenziazione dei giudizi, viene considerata specifico fattore di prestazione [in capo al dipendente che esercita la valutazione n.d.r]. Qualora non sia presente una significativa differenziazione delle valutazioni espresse, il valutatore è tenuto a darne opportuna motivazione; compete al Direttore generale stabilire se la non differenziazione delle valutazioni sia da attribuire a una effettiva mancanza di capacità di giudizio, nel qual caso il punteggio complessivo raggiunto dal medesimo nella misurazione della propria performance individuale subisce un’adeguata riduzione...”.
È fin troppo evidente l’intento di esercitare pressioni sui capouffici affinché i risultati siano in linea con i desiderata della dirigenza pro tempore insediata in ateneo.
Coordinamento USB PI – Unione Sindacale di Base – Università di Trieste