USB: NO alla guerra, NO al riarmo, NO all’economia di morte
Una grande mobilitazione a Genova per dire che il suo porto non sarà complice del genocidio in Palestina
La legge 185 del 1990 vieta l’export, l’import e il transito di materiale bellico verso paesi in guerra o in cui ci sono gravi violazioni dei diritti umani. Analoghe disposizioni normative sono presenti in altri Paesi dell’Unione Europea.
Eppure, il traffico di armi verso Israele viene fermato solo per merito di determinati e coraggiosi operatori dei Porti o degli Aeroporti.
Sabato scorso la portacontainer Contship ERA della compagnia israeliana ZIM è attraccata al porto di Genova. Ma ad attenderla c’era un presidio operaio e popolare al Varco di Ponte Etiopia. La stessa cosa sta accadendo a Salerno.
I portuali francesi avevano già bloccato a Marsiglia 14 tonnellate di componenti per mitragliatrici destinate all’esercito israeliano. A Genova abbiamo voluto dire che anche il nostro porto non sarà complice del genocidio in Palestina.
Grazie ai portuali marsigliesi la nave è arrivata vuota. Ma sappiamo che ogni nave ZIM è un anello della catena della guerra.
E sappiamo che la logistica italiana – con i porti, gli scali e i depositi militari – è sempre più coinvolta nel traffico di morte.
Queste azioni non fermano il traffico, ma non sono neppure meramente dimostrative, servono a fare pressioni su tutti quelli, dai terminalisti alle autorità portuali, che i controlli dovrebbero farli.
A Genova si è poi mosso un corteo determinato dentro il porto, per ribadire il blocco al traffico di armi e la solidarietà militante al popolo palestinese. Un corteo composto da un migliaio di persone: un segnale forte, concreto, che arriva dai luoghi strategici della produzione e della logistica.
Al blocco e al corteo era presente anche una piccola delegazione dell’USB dell’Università di Genova: perché anche le Università e gli Enti di Ricerca sono sempre più coinvolti, e si stanno trasformando in Enti strategici al servizio dei signori della guerra. E’ necessario iniziare un percorso che porti, quantomeno, alla possibilità di esercitare il diritto all’obiezione di coscienza in chi, a diverso livello, è coinvolto nei progetti che portano morte e distruzione.
Se la solidarietà si organizza, allora è possibile fermare il flusso delle armi e dire NO alla guerra, NO al riarmo, NO all’economia di morte.
Il 20 giugno costruiamo insieme lo sciopero generale contro la guerra, il carovita, lo sfruttamento.
Il 21 giugno saremo a Roma, in piazza Vittorio Emanuele alle ore 14, per una grande manifestazione nazionale.
USB PI - Università