Venerdì 26 maggio sciopero generale nazionale: le ragioni dello sciopero
USB UNIVERSITÀ aderisce allo sciopero generale proclamato da USB al grido: ABBASSIAMO LE ARMI E ALZIAMO I SALARI. SCIOPERIAMO PER SALARI DIGNITOSI E PER UN SAPERE UTILE A UNO SVILUPPO SOCIALE EQUO E SOSTENIBILE!.
Le Università devono smetterla di collaborare a progetti che devastano i territori con estrazioni selvagge, che implementano gli arsenali militari e permettono la costruzione di barriere per cacciare popoli in difficoltà.
USB – Unione Sindacale di base ha proclamato per il prossimo venerdì 26 una giornata di SCIOPERO GENERALE NAZIONALE per tutte le categorie lavorative, private e pubbliche.
Sono talmente tante le argomentazioni di questo sciopero (leggi il comunicato USB) che diventa difficile riassumerle nel breve spazio di un comunicato sindacale.
Potremmo pensare alla violenza che ha accompagnato e avvelenato ogni confronto sul reddito di cittadinanza. Una sorta di guerra contro i poveri, di volta in volta additati come sperperatori di denaro pubblico, poltronisti, gente senza arte né parte, parassiti, approfittatori, scansafatiche e così via.
In un paese che non vuole introdurre per via legislativa una seria legge sul salario minimo per tutte e tutti, un paese che consente di chiamare lavoro un salario a 2 euro l’ora, si è preferito individuare il nemico in quanti percepiscono, mediamente, un aiuto di 400/500,00 euro al mese.
Pensiamo alle riforme fiscali che poggiano sempre più sulle spalle del lavoro dipendente, mentre sono in tanti a non voler mettere mano ad una riforma che riconduca alla progressività dell’IRPEF tutta una serie di redditi che da troppo tempo godono di trattamenti che definire agevolati è dir poco.
Pensiamo ai nostri giovani ai quali quello che si offre è uno stage gratuito (però fa curriculum), oppure un lavoro sottopagato e in nero (accontentati: quando ero giovane io…).
Pensiamo ai giovanissimi morti in alternanza scuola-lavoro, tutti provenienti da scuole professionali in cui, mediamente, sono iscritti i figli delle famiglie più disagiate (economicamente e socialmente).
Pensiamo alle tante controriforme delle pensioni, in cui l’allungamento dell’età pensionabile viene motivata da ragionamenti proto economici, mentre basterebbe considerare gli straordinari aumenti di produttività che portano oggi un singolo lavoratore a fare un prodotto che prima richiedeva 5, 6 o più lavoratori.
Potremmo considerare l’assenza di una qualsiasi politica industriale pubblica, in uno Stato che assiste da spettatore alla chiusura dello stabilimento Wartsila di Trieste e alla perdita delle sue maestranze specializzate quando ci sarebbero ragioni e argomenti per creare un polo motoristico pubblico.
Potremmo pensare alla sanità pubblica:
sono passati pochi mesi da quando dicevano che la sanità va difesa e rilanciata. Oggi scelgono di ritornare ai livelli di sottofinanziamento pubblico del 2019, mentre i ras delle cliniche private e i CEO delle grandi compagnie assicurative già si fregano le mani per la grande abbuffata che ne seguirà.
Pensiamo alla questione salariale: invece di fare l’unica cosa sensata, cioè alzare i salari, ci propinano tagli del cuneo che paghiamo noi due volte: attraverso un aumento dell’IRPEF e attraverso il taglio delle risorse per istruzione pubblica, ricerca di base pubblica, servizi pubblici, sanità pubblica e così via.
Potremmo pensare ai fondi del PNRR stanziati per spese sociali e a quei parlamentari del Parlamento europeo che hanno votato sì al loro storno in favore della produzione di armamenti…
Potremmo pensare al prevalere di logiche di guerra che avvelenano i dibattiti pubblici e i mezzi di comunicazione sociali mentre chi ragione di “schemi di pace” viene isolato e considerato un nemico interno.
L’elenco potrebbe continuare, pagine e pagine.
Per questo chi vi scrive sciopererà venerdì 26, senza domandarsi se questo sciopero potrà cambiare qualcosa e se saremo in tante e tanti.
Pensiamo, piuttosto, che vi siano cose che vadano fatte solo perché è giusto farle.
USB – Unione Sindacale di Base Pubblico Impiego
Università degli studi di Trieste
Ferdinando ZEBOCHIN