BRUNETTA E IL PIANO INDUSTRIALE PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
COMUNICATO SINDACALE
Il Ministro Brunetta ha consegnato, ieri pomeriggio, il "piano industriale" sulla Pubblica Amministrazione, dichiarando che il documento di riforma "deve saper parlare a tutti i dipendenti pubblici" (il testo è scaricabile dal nostro sito www.rdbtesoro.it).
La RdB/CUB Pubblico Impiego ha deciso di non partecipare all’incontro, in quanto ha considerato che convocare le organizzazioni sindacali per la sola consegna di un documento di riforma della Pubblica Amministrazione, che viene definito Piano Industriale, la dice lunga sulla vera visione del Ministro Brunetta.
Infatti, il Ministro equipara, l’alta funzione di produzione del welfare, ad una qualunque fabbrica di manufatti e, del resto, il progetto di una P.A. a servizio esclusivo delle imprese vede l’on. Brunetta, in perfetta continuità con i suoi predecessori del governo di centrosinistra.
Entrare nel merito, poi, anche della composizione delle delegazioni trattanti, imponendo la presenza di un solo rappresentante per organizzazione, rende chiaro quale tipo di relazioni sindacali il Ministro, intenda perseguire.
Definire, come è stato fatto, la Pubblica Amministrazione come una "palla al piede", fa trasparire la palese intenzione di disfarsene, piuttosto che progettarne un rilancio a favore dei cittadini e degli stessi lavoratori pubblici, la cui dignità e preziosissima professionalità sono, da anni, mortificate.
Non crediamo, quindi, che le dichiarazioni del Ministro siano indirizzate ad una vera razionalizzazione della spesa pubblica, attraverso il taglio delle consulenze, ormai senza limiti, delle esternalizzazioni delle funzioni centrali dello Stato e degli appalti.
A conferma di questa nostra convinzione, arriva il documento sulla Riforma della P.A. che già, dalla denominazione, "Piano Industriale", denota scarsa e superficiale conoscenza del funzionamento della Pubblica Amministrazione nel nostro Paese, da parte del ministro del "colpirne uno per educarne cento".
In realtà, forse ha ragione.
Infatti sarebbe necessario sottoporre ad un forte ciclo di "rieducazione" qualcuno che, di piani industriali e di retribuzioni, se ne intende davvero.
o Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’ENI: 10 milioni di euro;
o Giancarlo Cimoli, che guidava Alitalia, una compagnia sull’orlo del baratro e intanto si portava a casa uno stipendio che valeva due milioni e 790mila euro, oltre a compensi vari finiti nel mirino della procura di Roma;
o Roberto Poli, presidente dell’ENI: 2,8 milioni di euro;
o Vittorio Mincato, presidente di Poste Italiane: 4,8 milioni di euro. Ricevette una buonuscita di 25 milioni di euro dall’ENI;
o Elio Catania, ex presidente delle Ferrovie: 2 milioni di euro;
o Piero Gnudi, Amministratore delegato dell’ENEL: 2,6 milioni di euro;
o Alfio La Manna, vice presidente della società Esercizi aeroportuali di Milano: 2,26 milioni di euro;
o Mario Draghi, Governatore della Banca d'Italia: 450 mila euro l'anno. Nel 2005, vicepresidente di Goldman Sachs, ha dichiarato al fisco 24 euro di tasse su un imponibile di 162 euro derivante da rendite da fabbricati. Insomma, un poveraccio;
o Corrado Calabrò, Presidente dell'Autority delle Telecomunicazioni: 440 mila euro;
o Pierfrancesco Guarguaglini, Finmeccanica: 2,6 milioni di euro.
Forse i dati non sono aggiornatissimi, ma è difficile tenere il ritmo con questi signori che si spostano da una scatola cinese all’altra, da una holding di Stato ad una "consociata", per poi ritornare dalla "mamma" e ripartire.
A fronte, troviamo i dipendenti pubblici con le loro retribuzioni divenute "assegni di sostentamento", i lavoratori precari, gli interinali, i ricercatori pagati a 600 euro al mese con contratti a termine, che non arriveranno mai a mettere insieme una pensione decente per campare.
Considerato, quindi, che per Brunetta dei Ricchi, la Pubblica Amministrazione è solo una palla al piede, una prima risposta verrà data dalle RdB/CUB con una giornata di mobilitazione nazionale per il mese di giugno.
La campagna di criminalizzazione del lavoratore pubblico e gli argomenti dell’efficienza e dell’efficacia, nascondono una volontà, oramai chiara, di colpire il ruolo centrale dei dipendenti pubblici, di smantellare la presenza dello Stato sui territori e di asservire la Pubblica Amministrazione agli interessi del sistema bancario e a quello delle imprese, privatizzandone i servizi (leggi cooperative rosse e bianche!).