Argomento:

L'UNIVERSITA' DI PALERMO: UNA INQUISIZIONE MAI FINITA

Roma -

L’Università di Palermo riformula le accuse a Francesca Patanè.

L’obiettivo è sempre l’imbavagliamento.

 

Su www.universita.rdbcub.it - Palermo, licenziata dall'Università. Quell’articolo non piace al Rettore Le accuse del Rettore pagina 1 e 2 – sono pubblicati i volantini e comunicati delle “puntate precedenti”, nonché la lettera di contestazione mossa alla collega siciliana.

Su 

biblaria-blog.splinder.com

  è possibile leggere l’intervista a Francesca Patanè, ed altro materiale riguardante la vicenda.

Retromarcia o colpo di coda…?

Il terremoto mediatico e la massa di messaggi di solidarietà pervenuti da tutta Italia alla collega siciliana Francesca Patanè, “rea” – a giudizio dell’Università di Palermo – di aver infangato il buon nome dell’ateneo pubblicando sul suo giornale informatico notizie riguardanti indagini in corso su docenti palermitani, e per questo minacciata di licenziamento, hanno prodotto un primo risultato: l’Ateneo fa marcia indietro, cambia le carte in tavola e riformula le accuse.

La collega Patanè è stata riconvocata ieri, 19 aprile, per una nuova contestazione in cui le si imputa una generica esortazione rivolta alla magistratura a “far chiarezza sui concorsi truccati, riferendosi anche a quelli per il personale tecnico amministrativo”.

In pratica una piena sconfessione della prima lettera di contestazione, di cui tutti abbiamo avuto visione, in un disperato tentativo di ribaltare l’effetto suscitato dall’evidente sopruso e, deviandone il tiro, ottenere comunque un sanzionamento della Patanè. In questa riformulazione di accuse si afferma addirittura che la memoria difensiva presentata dal legale della collega “contiene punti riguardanti la presunta diffamazione e offesa di due docenti pertanto fuori luogo.  Sic!

Come se fossimo tutti analfabeti, incapaci di leggere i testi scritti…!

E’ evidente che il Rettore Silvestri si è accorto di aver fatto un passo falso. Ora cerca rimedio, ma sempre con un proposito vendicativo nei confronti della Patanè.

La frase ora oggetto di imputazione sarebbe la seguente: “…e  a proposito di concorsi pilotati e di regolarità di procedure, sarebbe il caso che la Magistratura facesse finalmente chiarezza anche sui concorsi destinati al personale tecnico amministrativo, sia su quelli "esterni", sia su quelli riservati a chi è già in servizio e finalizzati agli avanzamenti di carriera e all’assegnazione di posti dirigenziali….”

A parte la nostra piena condivisione dell’esortazione, valida da Palermo a Trieste attraversando ogni ateneo italiano, non riusciamo sinceramente a scorgere gli estremi per qualsivoglia sanzione disciplinare. Non solo per un blando richiamo verbale, figuriamoci per una minaccia di licenziamento di cui pure, nella prima lettera di contestazione mossa alla Patanè, si paventava.

Ad oggi, dunque, la nuova accusa che viene mossa a Francesca Patanè è un “possibile” danno – quanto meno all’immagine – dell’ateneo. Di fatto un processo alle intenzioni e sulla base di un’ipotesi!

Le “colpe” di una giornalista che lavora all’Università.

Respingiamo il teorema del Rettore di Palermo, teso ad insinuare che ci sia una “incompatibilità” tra le funzioni di bibliotecaria dipendente dell’Università di Palermo, Francesca Patanè, e la sua attività extra universitaria.

Vogliamo ricordare, per chi magari non avesse seguito le ”puntate precedenti”, che Francesca Patanè è giornalista pubblicista; che la testata giornalistica di cui è proprietaria e direttore responsabile (“Ateneo Palermitano”) è regolarmente registrata; che le notizie riprodotte sul suo giornale sono state riportate dalla grande stampa nazionale con ben altra enfasi – ed effetto – di quanto abbia suscitato l’articolo della Patanè; che il suo gesto “criminoso” rientra pienamente nei doveri  deontologici della sua attività, avendo i giornalisti (quelli seri, almeno…) il diritto/dovere all’informazione. 

Di queste persone abbiamo bisogno, tanto più in un contesto difficile come quello siciliano che consente, tra silenzi ed omertà, latitanze di oltre quaranta anni…!

Se la vicenda non fosse tragica sarebbe dunque comica…

Palazzo Steri. Gli ultimi roghi.

Pochi forse sanno che proprio in Palazzo Steri, oggi sede dell’ateneo siciliano, si celebrarono gli ultimi processi dell’Inquisizione. Tutti credevamo che quei tempi bui fossero definitivamente sepolti e seppelliti dal progresso della Scienza. Un progresso che dovrebbe, appunto, essere la ragione sociale dell’Università e della Ricerca, teso ad “illuminare” e liberare le menti umane dall’ignoranza.

A Palermo, evidentemente, non è così…

Qui l’esercizio della “autonomia universitaria” si declina nel peggiore degli arbitrii e, per dirla “fuor di bocca”, sconfina in una pratica che appare più consona ad eccellenti latitanti e “capi bastone” che, tramite “pizzini”, impartiscono ordini e zittiscono le voci indipendenti e critiche verso il potere, anziché a titolati accademici.

La nostra solidarietà a Francesca Patanè vuol significare anche questo: una riflessione sempre vigile e attenta, capace di sconfiggere i mostri generati dal sonno della ragione.

In attesa dell’epilogo.

La collega ha presentato una nuova memoria difensiva, tramite il proprio legale, e non si è presentata alla nuova convocazione.

Si attende ora il “verdetto” finale.

La solidarietà paga.

Se i primi risultati si stanno manifestando è, come detto in apertura, anche in virtù della solidarietà dimostrata dai tanti colleghi universitari che, con i loro messaggi giunti copiosi al Rettore Silvestri e, per conoscenza, alla stessa Francesca Patanè, hanno dimostrato quanto la Verità non si possa nascondere né travisare, e che le accuse rivolte risultino offensive non solo per la collega palermitana, ma per tutto il consesso civile. Da Palermo alle Alpi.

Noi riteniamo dunque opportuno sostenere la collega Patanè continuando ad inviare i messaggi di richiesta di reintegro nelle sue funzioni e le scuse formali e pubbliche del Rettore, inviando il messaggio sotto riprodotto a:

 

rettore@unipa.it  e, per conoscenza,  francescapat@gmail.com

Io, sottoscritt* ...........................

dopo aver appreso della vicenda della collega Francesca Patanè, dipendente del suo Ateneo,

desidero esprimere la mia solidarietà alla collega, poiché non ritengo fondate le accuse ad  essa rivolte e

chiedo che venga immediatamente ritirata ogni ipotesi di licenziamento e/o di qualsivoglia procedimento disciplinare nei confronti della stessa;

chiedo che la collega Patanè sia reintegrata nelle sue funzioni e ruoli e che le vengano rivolte

formali e pubbliche scuse per il grave atto di censura e di intimidazione perpetrato e per lo stato di disagio che essa è costretta a subire.

Firmato..........................