SALERNO: CONTRO LA FONDAZIONE, PER LA DIFESA DEL LAVORO PUBBLICO

Salerno -

La coerenza e la concretezza dell’azione politico/sindacale della RdB trova forza e conferma nella pioggia di attacchi strumentali che seguono le nostre ferree prese di posizione in sede di contrattazione RSU. Nei loro ultimi comunicati, i sindacati confederali presenti nell’Ateneo Salernitano dimostrano come le RdB, nel seguire la strada maestra della trasparenza e dei diritti non negoziabili mettono in seria difficoltà la credibilità di chi “usa” la contrattazione integrativa per fini diversi da quelli auspicabili di un reale miglioramento della “condizione” dei lavoratori.

Lo dimostra la loro estrema irresponsabilità nell’ostacolare la nostra semplice rivendicazione della “vacanza contrattuale” (diritto sancito dal CCNL) che poteva rappresentare una buona risposta dei sindacati locali alla pressante richiesta di integrazione salariale dei lavoratori. Lo dimostra la loro estrema irresponsabilità nell’ostacolare la nostra proposta di riqualificazione professionale (slittamenti verticali) che coniuga le reali aspettative di gratificazione del personale tecnico ed amministrativo con l’indispensabile funzionalità necessaria ad un Ateneo moderno e all’altezza dei suoi alti compiti istituzionali e sociali. Su queste proposte serie e precise, i confederali hanno volutamente glissato e preso le distanze; però, per la nostra presa di posizione sulla questione Fondazione ci attaccano e fanno bene perché questo certifica ancora di più la nostra diversità dalle loro pratiche politiche e sindacali.

La Fondazione dovrebbe servire all’Università come collettore di risorse provenienti da istituzioni pubbliche ed imprese private presenti sul territorio locale, nazionale e anche internazionale.

Premesso che nel Bilancio di Previsione 2008 la quota che l’Università intende far amministrare e gestire alla sua Fondazione è salita oltre i 3 MILIONI DI EURO, la nostra storica opposizione alla costituzione e all’uso improprio della Fondazione Universitaria non poteva “banalmente” essere svenduta per l’acquisto senza gara pubblica dei “buoni pasto” che l’amministrazione non distribuisce più da gennaio: il fine non può mai giustificare i mezzi.

La nostra posizione è chiara come è chiaro che non possiamo ne vogliamo assolvere l’amministrazione dal ritardo con cui sta affrontando la vicenda che ci auguriamo sia risolta nel modo più trasparente e veloce possibile.

I “buoni pasto” (ribadiamo) sono un diritto acquisito per il nuovo orario di lavoro contrattato con l’amministrazione e non una conquista sindacale che anzi, abbiamo in questi anni definito sconfitta proprio perché in cambio abbiamo dovuto subire la perdita di parte del salario accessorio (vedi la defunta /INDENNITà CONNESSA ALL’ESPERIENZA PROFESSIONALE/ e la scomparsa della quota sulla /VALUTAZIONE DEI RISULTATI  DELLA PRESTAZIONE LAVORATIVA/: al danno della pagella si è aggiunta la beffa del taglio dei soldi !!!). Dal nostro punto di vista che può essere solo quello dei lavoratori, il fallimento totale della contrattazione integrativa (in termini sia di distribuzione salariale che di organizzazione del lavoro) è un dato incontrovertibile che dimostra come la proposta nazionale dei confederali di farne aumentare il peso rispetto al contratto nazionale sia una scelta scellerata contro i lavoratori e contro la paventata produttività.

Non è solo un punto di vista differente tra chi chiede ai lavoratori di riprendersi la dignità per difendere con i denti i diritti acquisiti opponendosi allo smantellamento delle amministrazioni pubbliche, e chi invece chiede ai dipendenti (dal tanto tempo ormai) di accontentarsi continuando a fare sacrifici in silenzio. La concertazione di CGIL, CISL e UIL (sempre più sindacato unico), che senza attenuanti ha la responsabilità di 15 anni della presunta ‘buona contrattazione’, ha miseramente fallito determinando la crisi dei salari che oggi, tutti, viviamo ad ogni fine mese. Le nostre proposte, la nostra azione politico/sindacale, sono realmente alternative perché semplicemente hanno un solo fine: l’emancipazione e il benessere dell’intera classe dei lavoratori dipendenti.