SCIOPERO GLOBALE PER IL CLIMA… E PER LA GUERRA!

È un Paese strano l’Italia.

Genova -

Un Paese in cui per la maggior parte dei sindacati indire uno sciopero, generale, di comparto o di Ateneo, contro le politiche governative o locali sembra essere un dramma, e diversi rappresentanti del personale scoraggiano e dichiarano l’inutilità di questo strumento.   
Ci sono scioperi, però, che sfuggono a questa regola: sono gli scioperi pro, quelli per dire ai capi dei Governi di tutto il mondo di fare qualcosa su un determinato tema, meglio se fatti con il sostegno e l’appoggio del proprio Ente, dirigenti, Rettori e pro-rettori.

Questo sarà solo il primo di tanti scioperi che alcune compagini sindacali cominceranno a proporre per mettersi a capofila in veste di portavoce dell’Agenda 2030, con lo scopo di guadagnare la credibilità persa negli anni.

Agenda 2030, lo vogliamo ricordare, mette tra gli obiettivi comuni la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico. Criticità che esistono e si acuiscono per le “incapacità” dei Governi dei paesi più sviluppati di non essere ostaggio delle grandi aziende dei settori energia, industria, finanza, tecnologia e sanità. 

Nulla di male si dirà, purché non venga meno la natura dello sciopero rimasto unica forma di conflitto, e purché non si cada in palesi contraddizioni. 
LO SCIOPERO GLOBALE PER IL CLIMA del 23 settembre p.v. affronta un problema centrale e di estrema rilevanza per il futuro stesso dell’umanità, per le economie mondiali, per i lavoratori e i cittadini di tutto il mondo.          
Le azioni per contrastare emissioni e riscaldamento globale, però, servono a poco o a nulla se non affrontate in contemporanea e in coerenza combattendo quella che è la più grande forma di distruzione dell’ambiente, delle vite umane e non, delle economie dei Paesi interessati e non solo (basta vedere cosa succede in Italia con bollette e caro-vita): la guerra! 

Inizi l’Ateneo di Genova a sciogliere ogni rapporto di collaborazione con tutte le imprese che fabbricano morte, si orienti la nuova riorganizzazione verso l’abolizione del modello di esternalizzazione generale di tutti i servizi, che non introduce nessun incremento dei diritti dei lavoratori, ma soltanto costi elevati di acquisizione (considerando anche le procedure complicate necessarie) e sprechi di risorse economiche e materiali che poco hanno a che fare con la sostenibilità e la lotta alla povertà.           
Tutto va nella direzione dello scarico delle responsabilità da parte delle Amministrazioni.         

Ritorni il movimento sindacale a guidare la rivolta contro le guerre imperialiste, contro gli interessi contro gli scostamenti di bilancio per l’invio di armi, l’aumento delle spese militari e contro i consumi spropositati di tutti i beni. 
Allora sì, anche uno sciopero pro potrà aver senso.

Non questo, non così: i sindacati che parlano di diverso modello di sviluppo e sicurezza sul lavoro che cosa intendono? Forse quello raccontato in questo bell'articolo di Giovanni Ceraolo?

https://contropiano.org/news/politica-news/2022/09/20/linsostenibile-collaborazionismo-della-cgil-0152710
 

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