CCNL settore Università: ma quale “incremento” salariale, all'ARAN si contratta la solita miseria!
Dopo la discussione fumosa sul nuovo ordinamento universitario, all’Aran hanno iniziato a parlare degli incrementi salariali che dovrebbero assicurare l’adeguamento degli stipendi universitari al costo della vita.
Ci viene riferito che l’incremento sarà mediamente del 4,2% a regime, ossia alla firma dell’accordo dato che il contratto è scaduto. Non per tutti, però. Ricordiamo, che dal 4,2% bisogna sottrarre lo 0,42 corrispondente all’elemento perequativo che i dipendenti fino alla categoria D2 già percepiscono in busta paga e l’indennità di vacanza contrattuale, pure questa già in busta paga.
Consideriamo, inoltre, che l'aumento proposto è meno della metà dell'inflazione prevista per fine anno (8% dati ISTAT), e non copre neanche lontanamente l'ammanco del periodo 2010 – 2015 che ha compresso i salari degli universitari, i più bassi del pubblico impiego.
E allora, come è possibile spacciare questa miseria come “INCREMENTO” contrattuale?
Inoltre, quello che veniva presentato in prima battuta come uno degli aspetti più concreti ed appetibili sul piatto della trattativa per il rinnovo del CCNL Università era lo stanziamento con la legge di bilancio di 50 milioni di euro di risorse aggiuntive per la valorizzazione del personale tecnico, amministrativo e bibliotecario.
Ma sembra che la questione abbia preso un'altra piega. Infatti, il Decreto ministeriale n. 581 del 24 giugno 2022, relativo alla ripartizione del Fondo di Funzionamento Ordinario (FFO), quantifica, nell’ambito dei 50 milioni stanziati, le risorse distribuite ai vari Atenei per la valorizzazione del personale TA 2022 in base al numero dei dipendenti di ruolo al 31.12.2021 (Tabella 7 allegata).
Come nelle scatole cinesi …, pare che si dovrà aspettare un altro decreto ministeriale che indicherà alle amministrazioni i criteri di erogazione al personale. Nella stessa Tabella 7, invece, sono riportate le risorse per gli incrementi automatici e biennali per il personale docente!
Mantenere quei 50 milioni di euro sul tavolo nazionale della trattativa avrebbe a nostro avviso offerto maggiori garanzie su un'equa redistribuzione delle risorse fra il personale universitario ed avrebbe consentito di trattare con una base di partenza che sarebbe stata più ragionevole.
La caduta del potere d’acquisto dei salari è aggravata, difatti, da una distribuzione del salario accessorio che viene usata non come legittima e dovuta integrazione salariale per tutti, ma come strumento di premiazione di alcuni. Singoli e gruppi competono fra di loro per rientrare nella rosa dei beneficiari, spinti dalla necessità di un recupero salariale che i sindacati trattanti non promuovono.
Si tratta, invece, di ricondurre il problema del salario in una prospettiva rivendicativa: una via sindacale al salario che ponga al centro della propria azione la rivendicazione di aumenti economici veri e per tutti, compresi i lavoratori precari e atipici, che sono nostri compagni di strada a pieno titolo.
Roma, 31 luglio 2022
USB PI Università